Due parole anche su Sedona, AZ, una cittadina immersa in un paesaggio montagnoso di rocce rosse spettacolare che si raggiunge proveniendo da Flagstaff (sulla Highway 66 oggi Interstate 40) in discesa (!) in quanto le rocce sono scavate dall'acqua nell'altipiano del Colorado (stile Grand Canyon). Per la bellezza del paesaggio Sedona ha richiamato Max Ernst negli anni '50 e poi ha ospitato la sceneggiatura di molti film western. Sedona è anche un centro New Age dove esistono alcuni "vortex" di energia positiva. Siamo stati a cercarli, ma non abbiamo percepito niente (sigh!). Allego alcune foto per curiosità. AutoreRibaltiamo il nostro rapporto con le piante e il verde. Non relegare le piante nei parchi ma portarle dentro per coabitare gli stessi nostri spazi dove trascorriamo abitualmente il 90% del nostro tempo.
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AutoreRibaltiamo il nostro rapporto con le piante e il verde. Non relegare le piante nei parchi ma portarle dentro per coabitare gli stessi nostri spazi dove trascorriamo abitualmente il 90% del nostro tempo.
Qualche accorgimento: - anche se originaria delle foreste equatoriali pluviali il terreno va lasciato asciugare tra due innaffiature. Non bagnare troppo. - il tralcio continua a crescere in lunghezza e stenta fare diramazioni, pertanto o va allestita come rampicante o ricadente anche per composizioni di fantasia (vedi foto in fondo) o va fatta attorcigliare attorno ad un tutore (nei garden). Altro sistema è di piantare più tralci per rinfoltire alla base (nei cestelli). - vegeta anche con pochissima luce, però non crescerà molto. Se vuoi che cresca scegli una posizione un po' più luminosa, ma mai al sole diretto. - si moltiplica con una certa facilità per talea. Però necessita di un po' di tempo per acclimatarsi e partire a crescere. In casa ho due cultivar: 'Marble Queen' variegata e 'Neon' di un verde lime chiaro (vedi foto) AutoreRibaltiamo il nostro rapporto con le piante e il verde. Non relegare le piante nei parchi ma portarle dentro per coabitare gli stessi nostri spazi dove trascorriamo abitualmente il 90% del nostro tempo. Indipendentemente da Erich Fromm, che coniò il termine Biophilie nel 1964 in contesto psicoanalitico, nel 1984 Edward O. Wilson introdusse con il suo libro Biophilia, the Human Bond with other Species il termine biofilia nella scienza biologica definendolo come la tendenza innata degli umani di connettersi alla natura e agli altri organismi viventi. Dato che tutti gli organismi derivano dalla stessa origine biologica condividendo gli stessi meccanismi biochimici e metabolici, Wilson sostiene che nel corso dei 3,5 miliardi di anni di evoluzione la selezione naturale abbia favorito quei geni che hanno permesso una maggiore sintonia con l’ambiente naturale circostante. Allora è gioco forza che il nostro cervello, la nostra mente e tutto il nostro corpo si siano adeguati a percepire e ad interpretare il mondo circostante con una chiave di lettura propria della nostra ancestrale esperienza biologica e naturale. Un esempio per tutti: l’occhio umano ha una percezione particolare dei colori rispetto ad altri animali. E’ più sensibile al colore verde (555 nm) e al rosso che, guarda caso, servono a distinguere le varietà di piante e di frutti che per migliaia di anni nella savanna erano la fonte principale di cibo. Wilson (1993) dunque sostiene che gli umani, e forse anche altri animali sensienti, si siano evoluti in un percorso di coevoluzione genetica-culturale, che lui chiama bioculturale, dove l’ambiente naturale ha svolto un ruolo centrale nella storia dell’uomo al pari del comportamento sociale e della sua dotazione genetica. Sarebbe veramente incredibile se tutto questo percorso coevolutivo lungo milioni di anni non avesse influito nel selezionare i geni più adattati alla sopravvivenza da trasmettere alle generazioni successive. Secondo Wilson esiste una evidenza schiacciante - in negativo - di questo innato legame: la biofobia. Gli umani hanno, ad esempio, un’innata repulsione ai ragni e ai serpenti, ma meno o affatto alle pistole, oggetti parimenti pericolosi ma di recente comparsa nella storia dell’uomo. Non solo gli umani, ma anche i lemuri del Madagascar, dove non vivono serpenti, dimostrano una innata paura nei confronti di questi rettili. Un altro esempio di biofobia è il sospetto di fondo che ci assale quando mangiamo funghi selvatici, segno rivelatore di una certa paura ancestrale di avvelenamento. Tantissimi invece sono gli esempi di biofilia positiva. La specie Homo ha vissuto per il 99% della sua esistenza nella savanna provvedendo al cibo con la raccolta di piante e frutti e la caccia occasionale. Dunque osserviamo nell’uomo una predilizione per paesaggi aperti con prati, posizioni collinari, appartamenti ai piani alti, terrazzi e viste panoramiche di alberi e orizzonti. Sono tutte situazioni in cui l’avvistamento precoce di predatori è facilitato. In aggiunta, la presenza di specchi d’acqua quali lungolaghi e stagni ha effetto tranquillizzante nell’umano perché è elemento che favorisce la crescita delle piante di cui l’uomo si alimentava. Lo sviluppo tecnologico ha allontanato l’uomo negli ultimi centocinquanta anni dalla vicinanza con la natura ma ciò non ha affatto cambiato la sua innata tendenza a connettersi con la natura che è radicata nei suoi geni e nella sua forma mentis da milioni di anni. Dunque osserviamo come pazienti che hanno una finestra in camera che dà su alberi guariscano più in fretta, come passeggiate nel bosco riducano la ipertensione sanguigna, come coltivare l’arte del giardinaggio allunghi la vita, come tenere piante in casa migliori il benessere. Vivere in compagnia di piante dunque migliora l’umore e la salute degli occupanti sia per la qualità dell’aria ma anche per la innata nostra biofilia maturata nel corso dei milioni di anni. Riferimenti:
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Taccuino di
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